4.8.10

Aleksandar Hemon, Il progetto Lazarus

Aleksandar Hemon, Il progetto Lazarus (Einaudi). Hemon è uno scrittore straordinario e qualsiasi cosa racconti si legge con piacere. Ed è questo, in un certo senso, il problema del suo ultimo romanzo: la storia mi convince poco. Anzi le storie; ce ne sono infatti due, che si alternano: quella di Lazarus, un povero ragazzino ebreo ucciso dal capo della polizia di Chicago all’inizio del Novecento, e il viaggio in Ucraina e Bosnia del narratore – alter ego dell’autore - insieme a un amico fotografo, in cerca delle radici della storia di Lazarus e anche per fare i conti con i suoi demoni interiori. Ma che cosa hanno i due in comune? Sono lontanissimi su tutti i piani, storico, culturale e soprattutto psicologico. Perché ricorrere alla tragedia di un ragazzino ebreo - scampato a un pogrom per poi soccombere in maniera assurda nel paese delle possibilità - per parlare dei propri problemi, che sono di natura tanto diversa (senso di impotenza, frustrazione, rabbia, una gran voglia di menar le mani)? Non è un modo di celarli (o cercare di nobilitare in qualche modo), invece che di affrontarli? E lo stesso vale per l’abilissima scrittura, usata, sembra, per celare invece che per indagare, analizzare, dissezionare, e diventa quindi un po’ gigionesca.

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