NOTE DI LETTURA
J.G. Ballard, I miracoli della vita (Feltrinelli). Delizioso! Uso un aggettivo leggermente affettato per definire questo libro perché non riesco a trovarne uno che traduca più appropriatamente l’inglese “refreshing”. Perché è questa - refreshing - la sensazione che si prova leggendo l’autobiografia di Ballard. È refreshing sapere che Ballard era un grande bevitore, amava la cultura pop e alternativa, la swinging London (ma non la Londra dei letterati e degli scrittori), ma che per lui la cosa fondamentale era la famiglia. “La vita familiare è sempre stata molto importante per me... Essere sposato mi piaceva... Mi piaceva essere un padre coinvolto nelle vicende dei suoi figli, spingerli in carrozzina per le strade...” È refreshing che sia stato uno degli interpreti più intelligenti della rivoluzione culturale degli anni Sessanta passando le giornate a casa a stirare le cravatte della divisa scolastica del figlio, preparare le cene, e scrivere, anche. “Al centro della mia vita c’erano i miei figli, e un po’ più distante la mia scrittura. Sono riuscito a mantenere un ritmo costante nella produzione di romanzi e antologie di racconti, in gran parte perché passavo la maggior parte del tempo a casa. Un racconto, o il capitolo di un romanzo, li scrivevo nell’intervallo fra stirare una cravatta coi colori della scuola, servire in tavola salsiccia e purè e guardare Blue Peter. Sono più che certo che da tutto questo la mia narrativa ci abbia guadagnato. La mia migliore alleata è stata la carrozzina nell’ingresso.”
Era curioso, fin da ragazzino a Shangai e nel campo di concentramento giapponese, sempre a Shangai. Era intrepido. Era sempre fedele a se stesso. Aveva un’indole bonaria e poco aggressiva e una fantasia sfrenata, che non accettava confini di nessun tipo. Ha saputo coniugare tutte queste sue qualità nei vari ambienti in cui è vissuto – Shangai, Londra, Cambridge, Hollywood – e fino alla fine della vita. E anche nei confronti della morte ha avuto lo stesso atteggiamento “risoluto, saggio e benevolo”.
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